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Startup, raccolta fondi e crescita in Italia

Il mondo delle startup è una giungla sempre più intricata. Proviamo ad attraversarla, in lungo e in largo, con le parole di chi ce la sta facendo.

In Italia, il percorso di crescita delle startup è spesso segnato da una barriera di procedure burocratiche, ricerche estenuanti di fondi e finanziamenti, lotte continue per far emergere le nuove idee. Noi lo sappiamo bene.

Per questo, il co-founder di Brain Computing S.p.A. Carmine Lamberti ha chiesto a Gianluca Manitto, CEO di EpiCura, di raccontarci la sua personale esperienza imprenditoriale, con particolare riferimento alle startup innovative. Come si parte? Cosa serve per iniziare? Dove si può arrivare? Nell’intervista che segue troverai le risposte alle domande più urgenti per chi si addentra in questo mondo, con le parole di chi l’ha vissuto e lo vive ogni giorno.

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Carmine Lamberti, co-founder di Brain Computing S.p.A.

D: Tutti parlano di startup e “storie di successo”, ma pochi sanno dire cosa c’è dietro. Gianluca, puoi parlarci del tuo ultimo progetto e background di imprenditore?

R: Arrivo da precedenti esperienze di marketing digitale e di consulenza nella creazione di nuovi prodotti e servizi digitali. Da 2 anni ho fondato una startup che mira a portare le cure sanitarie a domicilio. Abbiamo un secondo round di finanziamenti da raccogliere. Parteciperanno alcuni dei principali fondi di Venture Capital e business angels.

D: Da imprenditore a consulente, una doppia vita professionale. Perché questa scelta?

R: Da circa 3 anni aiuto altri professionisti a realizzare nuovi progetti. Con il mio socio, tempo fa ho pensato di seguire da vicino una startup. Poi ho provato a fare di corsi video e consulenze: mi sono reso conto che la risposta migliore al mercato attuale è quella di aiutare le aziende da vicino. Le consulenze sporadiche, con consigli random, non funzionano. Invece, abbiamo avuto grandi risultati quando abbiamo lavorato a stretto contatto con loro.

D: Come gestite le vostre attività?

R: Siamo passati da 2 a 8 persone in 1 anno. Ci siamo poi circondati di figure senior che ci supportano da vicino per gli aspetti più delicati come il fundraising. Siamo giovani e abbiamo tanta voglia di fare ma l’esperienza di imprenditori esperti fa la differenza.

D: Molti pensano che avere un’app possa fare la differenza. Secondo te, sono davvero utili per far esplodere il business?

R: La mia società ne sta realizzando una in codice nativo, ma la risposta è “dipende”: sicuramente per i prodotti digitali la parte tecnologica fa la differenza ma non credo che per i primi 1-2 anni sia la cosa più importante, bisogna prima comprendere bene il mercato e sapere cosa andare a costruire. Se si vogliono raggiungere certi numeri, è però fondamentale costruire una struttura scalabile.

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Da sinistra: Carmine Lamberti, Brain Computing – Gianluca Manitto, EpiCura

D: Parliamo di soldi, come avete impostato il vostro percorso?

R: Siamo partiti da zero e abbiamo investito poche migliaia di euro. Abbiamo lanciato il servizio e testato il mercato, poi siamo entrati in un programma di accelerazione che ci ha lanciati verso il primo seed round. I progetti digitali come il nostro hanno bisogno di grandi investimenti per crescere.
Noi, per esempio, abbiamo raccolto circa 120k a nell’ottobre 2017. Il 50% del totale proviene dal contributo di amici e parenti. Poi ci sono gli “esterni”, business angel che puntano sulle start up “early-stage”.
A distanza di un anno, abbiamo portato il nostro progetto in tante città, siamo cresciuti, ci siamo strutturati e ora siamo pronti per dare una bella accelerata. Stiamo aprendo il nostro secondo aumento di capitale, puntiamo a raccogliere tra i 500k e i 700k, circa la metà sono già confermati.

D: Cosa date, in cambio, a questi investitori?

R: Offriamo partecipazione in equity, come startup innovativa. Così gli investitori “scaricano” il 30% dell’investimento.

D: Per la vostra startup, cosa prevedete in termini di tempistiche e risultati?

R: È difficile dirlo, sicuramente l’idea è quella di spingere tantissimo per crescere velocemente. I prodotti digitali come il nostro hanno poche barriere all’ingresso, per questo motivo occorre cavalcare l’onda e crescere il più possibile. L’idea è di aprire un round più corposo tra 12, massimo 18 mesi, nell’ordine dei 2-3 milioni di euro.

D: Tornando ai prodotti digitali, che tipo di percorso si aspettano gli investitori?

R: Sicuramente sono investimenti ad alto rischio e che necessitano in genere di tanti capitali per imporsi velocemente nel mercato. Questi tipi di progetti vanno avanti solo in un modo: testi il mercato, generi le prime metriche e ricerchi i primi investitori, e poi premi al massimo sull’acceleratore e cerchi di importi nei successivi 3-4 anni come leader della tua nicchia di mercato.

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La homepage di EpiCura

D: Nel vostro caso, quale direzione avete scelto?

R: Siamo partiti con poco e abbiamo quasi subito raccolto un forte interesse che ci ha permesso di raccogliere circa 120 mila euro dopo aver servito meno di 30 clienti. In un anno abbiamo portato EpiCura in 10 città. Oggi abbiamo 500 professionisti disponibili tra fisioterapisti, infermieri e assistenti domiciliari, con 120K di fatturato totale. Ora stiamo tornando dagli investitori per ottenere 500k circa.

D: Quindi, come si può “aggredire” il mercato in Italia?

R: L’italia è piena di business angels, ma anche di startup. Devi puntare ad emergere dalla massa. Gli investitori investono prima di tutto sulle persone e sul mercato. A loro non interessa rientrare subito: infatti, una startup innovativa non può distribuire utili per 5 anni, e non è neanche previsto che lo faccia. Se ti rivolgi a un acceleratore e presenti un business plan assicurando rapidi ritorni sull’investimento con un prodotto come il nostro, ti diranno che non hai capito nulla. Gli investitori ti chiederanno: “Quest’anno quanto cresciamo?”, e non “Quest’anno quanto mi dai?”.

D: Si tratta di investimenti rischiosi: perché allora così tanti ci scommettono senza un ritorno immediato?

R: Chi lo fa seriamente investe in svariati progetti, consapevole che pochissimi di quelli ce la faranno. Il ritorno di uno deve coprire le perdite degli altri.

D: Come consulente, cosa consiglieresti per trovare investitori?

R: Esistono varie strade. Con un programma di accelerazione di 3 mesi, puoi ottenere fino a 50K. Oppure, organizzi una campagna di crouwdfounding, o ti rivolgi a investitori privati, amici e famigliari. È un percorso lungo e faticoso, ma se il business è valido i soldi si trovano.

D: Come segui i tuoi clienti?

R: Li accompagno nelle varie fasi di avvio e crescita, chiedendo una percentuale sui fondi ottenuti. La formula migliore, e anche la più incentivante, prevede una parte di fisso e una parte variabile al raggiungimento del round, così da avere gli interessi allineati.

D: Oltre al duro lavoro, di cosa ha bisogno una startup per diventare vincente?

R: Le cose più importanti, a mio parere sono il mercato di riferimento (se è troppo piccolo tanto vale non partire nemmeno), il team e l’umiltà di mettersi sempre in discussione, pronti a cambiare in corsa quando serve (e accade davvero spesso).

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In sintesi: molti pensano ancora che per avviare una startup basti avere un’applicazione online. Quello che serve davvero, invece, è un business concept che permetta di sviluppare e far crescere la propria startup.


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