Pietro Labriola CEO di TIM Brain Computing

L’AI non aspetta, o ti adatti o scompari

Intervista a Carmine Lamberti, CEO di Brain Computing

A cura di Maria Caro, Responsabile Comunicazione Brain Computing

Incontro Carmine Lamberti nella sala riunioni digitale di Brain Computing, azienda che ha fatto dell’automazione AI il proprio core business. Reduce da un incontro milanese con Pietro Labriola, CEO di TIM, Carmine Lamberti ora ha le idee chiare: il tempo dell’esitazione è finito.

Maria Caro: Carmine, raccontiamo questo suo incontro illuminante. Labriola ha usato una metafora forte: “Se sei un Commodore 64, non puoi fare i calcoli di un computer più potente”. Come si applica questo concetto al mondo imprenditoriale italiano?

Carmine Lamberti: È una metafora che fotografa esattamente la situazione in cui si trovano molte aziende italiane. Il problema non è ammettere di essere un Commodore 64, il problema è pensare che sia una condanna definitiva. Labriola ha detto una cosa fondamentale: il chipset lo puoi cambiare. E lo cambi condividendo esperienze, affiancandoti a chi prende decisioni strategiche, esponendoti a chi vede quello che tu ancora non vedi.

In Brain Computing lo facciamo tutti i giorni: prendiamo imprese che operano con processi analogici o semi-digitali e installiamo loro un nuovo “chipset” fatto di AI, automazione e analisi predittiva. Non è solo tecnologia, è un cambio di mentalità.

 

MC: Labriola parla di “vedere il film da un fotogramma”. Cosa significa in concreto per un imprenditore?

CL: Significa che non puoi aspettare di avere tutte le informazioni per decidere. Devi essere in grado di leggere il contesto da segnali parziali e agire di conseguenza. Guarda i numeri: il telefono ha impiegato 75 anni per raggiungere 100 milioni di utenti, Facebook 6 anni, ChatGPT 6 mesi. Tutto accelera in modo esponenziale.

Noi in Brain Computing lavoriamo esattamente su questo: creare sistemi che permettano agli imprenditori di vedere quel “fotogramma” in tempo reale attraverso dashboard, AI predittiva, automazione dei processi decisionali. Non puoi più permetterti di aspettare il report trimestrale per capire se stai andando nella direzione giusta.

 

MC: Labriola ha citato casi come Blackberry, Nokia, Kodak. Cosa li ha fatti fallire?

CL: L’incapacità di adattarsi. Kodak ha inventato la fotografia digitale, ma non si è adattata al cambiamento che lei stessa aveva creato. Nokia dominava il mercato mobile, poi è arrivato l’iPhone e non ha reagito in tempo. Blackberry pensava che la sicurezza bastasse, ma il mercato voleva altro.

Oggi stiamo vivendo lo stesso fenomeno con l’intelligenza artificiale. Ci sono aziende che stanno osservando ChatGPT, Gemini, Claude come se fossero “cose interessanti”. Sono già in ritardo. L’AI non è il futuro, è il presente. E chi non si muove oggi, tra due anni sarà fuori mercato.

 

MC: Labriola ha parlato della metafora della rana nella pentola…

CL: Esatto. Se metti una rana in una pentola e aumenti gradualmente la temperatura, la rana si lascia bollire. Se la butti nell’acqua già bollente, salta via immediatamente. Molte aziende italiane sono quella rana che non si accorge che l’acqua sta già bollendo.

La Germania, che sembrava invincibile, è in forte difficoltà. La Cina sta producendo auto elettriche che invaderanno l’Europa. Le regole del gioco sono cambiate: non esiste più differenza tra mondo reale e mondo digitale, non ci sono più confini territoriali. Abbiamo un’unfair competition dove aziende globali operano con regole diverse rispetto alle nostre PMI vincolate da normative locali.

 

MC: E l’Italia come può reagire?

CL: L’Italia ha un vantaggio: il nostro tessuto di PMI è flessibile, capace di reagire rapidamente. A differenza di grandi corporation tedesche, le nostre aziende sanno adattarsi. Ma devono farlo velocemente. Altrimenti resteremo solo una meta enogastronomica, una nazione di albergatori e ristoratori. E questo non è accettabile.

Brain Computing nasce proprio per questo: dare alle PMI italiane gli strumenti per competere alla pari con i giganti globali. Automazione, AI, analisi predittiva non sono più privilegi delle multinazionali. Sono necessità per chiunque voglia sopravvivere.

 

MC: Parliamo ora del manager e del leader. Qual è la differenza?

CL: Il manager sa fare le cose per bene. Il leader fa le cose giuste. È una distinzione fondamentale, soprattutto per un CEO.

Il manager ottimizza l’esistente. Il leader decide quale futuro costruire. In Brain Computing non mi interessa ottimizzare processi obsoleti, mi interessa costruire modelli di business che tra vent’anni saranno il benchmark per altri. Questo richiede coraggio, capacità di stare da solo nelle decisioni, di assumersi rischi calcolati.

Come diceva Marchionne, “chi comanda è solo”. Non è solitudine emotiva, è chiarezza di ruolo. La responsabilità può essere condivisa, ma la decisione finale no.

 

MC: Qual è il ruolo dei numeri in questa visione?

CL: I numeri sono la bussola. Il lavoro di un CEO è guardare i numeri e capire se il modello di business regge o no. Non puoi guidare un’azienda con l’intuito o la speranza.

Guarda Stellantis: fa più soldi con i servizi finanziari che con le auto. I produttori di stampanti guadagnano più dai toner che dalle stampanti. Devi essere in grado di vedere oltre il prodotto principale e capire dove sta davvero il valore.

In Brain Computing monitoriamo costantemente tre indicatori: marginalità per divisione, velocità di implementazione dei progetti, e ROI per il cliente. Se questi numeri non vanno nella direzione giusta, cambiamo rotta immediatamente. Inaction is not an option.

 

MC: “L’inazione non è un’opzione” sembra essere il nuovo mantra…

CL: Perché è la verità. Procrastinare significa lasciarsi passare il mondo addosso. Oggi devi avere il coraggio di svegliarti ogni mattina e mettere in discussione tutto quello che hai fatto fino al giorno prima.

Noi in Brain Computing non vendiamo solo automazione, vendiamo velocità di adattamento. I nostri clienti non devono aspettare sei mesi per implementare un nuovo processo. Lo facciamo in settimane, a volte giorni. Perché il mercato non aspetta.

Stiamo costruendo oggi l’azienda che tra vent’anni sarà il punto di riferimento nell’automazione AI. Non è pensiero a breve termine, è visione strategica.

 

MC: Labriola ha citato Steve Jobs: “Stay hungry, stay foolish”. Come si traduce in Brain Computing?

CL: Significa circondarcidi persone che ragionano con occhi diversi. Giovani aperti al contraddittorio, che non abbiano paura di dire “questa idea non funziona” o “c’è un modo migliore”.

Io non dico mai “secondo me”. Chiedo “portami la tua idea e la tua soluzione”. Perché il chipset si cambia esattamente così: esponendosi a chi vede quello che tu ancora non vedi, condividendo esperienze, affrontando il contraddittorio senza paura.

Abbiamo oltre 40 specialisti in Brain Computing, tutti remoti, tutti con competenze diverse. Non voglio cloni del mio pensiero, voglio persone che mi sfidino, che portino prospettive che io non ho.

 

MC: Qual è il messaggio finale per gli imprenditori italiani?

CL: La scelta è semplice: puoi restare un Commodore 64 e sperare che il mondo rallenti. Oppure puoi cambiare il chipset, adattarti, decidere, agire.

Noi in Brain Computing abbiamo scelto. Abbiamo scelto di non essere spettatori del cambiamento, ma architetti del futuro. Abbiamo scelto di guardare i numeri come bussola, non come alibi. Abbiamo scelto di fare le cose giuste, non solo di farle per bene.

E la domanda che faccio a ogni imprenditore è: tu quale scelta stai facendo? Perché il tempo per decidere si sta esaurendo. L’AI non aspetta. Il mercato non aspetta. E chi resta fermo, semplicemente scompare.

 

Brain Computing S.p.A. è un’azienda ibrida umano-AI specializzata in soluzioni di automazione e intelligenza artificiale per PMI. Con oltre 40 specialisti in remoto e più di 5.000 progetti completati, l’azienda opera come partner strategico per imprese che vogliono competere nell’era dell’automazione intelligente.

 

L’immagine di Pietro Labriola è Creative Commons.

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